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Chi ha paura delle teorie del complotto?

 Che ruoli giocano le (critiche alle) teorie del complotto nei dibattiti contemporanei riguardanti le tecnologie emergenti? Esempi del 5G e della geoingegneria.

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    Il 15 febbraio 2020, un mese prima che l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarasse lo stato di pandemia e il COVID-19 obbligasse il mondo a fermarsi, la 56esima Security Conference di Monaco di Baviera riunì diverse centinaia di personalità internazionali al fine di dibattere sulle grandi sfide contemporanee. Il direttore dell’OMS avertì: ”We’re not just fighting an epidemic, we’re fighting an infodemic. Fake news spread faster and more easily than this virus and is just as dangerous”. Richiamando così ad un’ unione che permettesse di garantire che solamente i fatti consolidati guidino le azioni politiche e sanitarie. Una nuova ondata di associazioni intellettuali e di giornalisti destinati a combattere contro le teorie del complotto non tardò a seguire l’appello.

    Le molteplici crisi indotte dalla pandemia vedono in effetti sorgere da tutte le parti numerose informazioni false - addirittura nelle pagine di rinomate riviste scientifiche - che si integrano in un quadro più ampio di teorie del complotto, riguardanti le origini del virus, i suoi modi di diffusione e gli eventuali rimedi. In alcuni casi le motivazioni sono chiaramente razziste o antisemite, mentre in altri i rischi per la salute sono provati (ingestione dell’olio di sesamo, di alcol ad alta gradazione alcolica o di disinfettante per proteggersi contro il virus ad esempio). Ma, detto questo, rimangono ancora diverse domande in sospeso concernenti le dinamiche delle teorie del complotto.

    Se le vediamo solo come il frutto di animi tormentati che bisognerebbe riportare sulla giusta strada, se non rispondiamo che con appelli sistematici al debunking e allo spirito critico, non corriamo il rischio di fertilizzare ulteriormente il terreno sul quale cresce il complottismo? In questo articolo suggerisco che, esasperando la divisione tra razionale e irrazionale, tra opposizione legittima e illegittima, queste parole di odio rischiano di nutrire ciò che intendono combattere, prosciugando i dibattiti sulla scienza e la tecnica nella società.

     

    Contagi

    Già coniato nel 2003 durante la crisi della SARS dal politico e giornalista David J. Rothkopf, il termine infodemia definisce l'inquietudine di un contagio potenzialmente fuori controllo, che si sviluppa su due piani. Innanzitutto, rischia di nutrire la sfiducia nei confronti dei depositari dell’autorità. Per il dottor Tedros, è fondamentale che gli esperti legittimi continuino a guidare le scelte prese per combattere la pandemia: “ Now more than ever is the time for us to let science and evidence lead policy. If we don’t, we are headed down a dark path that leads nowhere but division and disharmony. “ Numerosi scienziati dichiareranno in seguito la loro solidarietà con l’idea che solo la scienza convalidata permetterà di non soccombere nelle tenebre e nel caos sociale.

    Quindi, il concetto di infodemia suggerisce che il problema non si limita ai produttori di fake news. Si può facilmente denunciare da una parte i militanti di ideologie nauseabonde e dall’altra i trolls russi, ma come ci si deve comportare con coloro che concedono loro dell’attenzione e magari vi aderiscono? Gli sforzi dei debunkers o degli altri appelli allo spirito critico si rivolgono precisamente a questo pubblico moderato, quella massa pericolosa di cittadini confusi dai quali pretendiamo una comprensione troppo rapida e senza compromessi. L’antropologa Jeanne Favret-Saada, assieme ad altri, ha studiato i processi di costituzione, strutturazione e negoziazione delle credenze e mostra che vi è qualcosa di particolarmente complesso e incerto. Mobilitare la credenza come categoria descrittiva spesso dice di più sull’analista che sull’analizzato. In altre parole, impostando il problema in questi termini eludiamo i diversi rapporti che è possibile intrattenere con le teorie del complotto: divertimento, attenzione passiva, provocazione o adesione? I sondaggi allarmisti non prendono certo queste cautele, mentre si potrebbe piuttosto imparare qualcosa sui diversi modi di orientarsi nell’incertezza.

     

    Connessioni

    Mentre il concetto di infodemia richiede un trattamento basato sulla competenza medica, etichettare come irrazionali coloro che possono, occasionalmente o regolarmente, essere sedotti dalle teorie del complotto pone un problema politico relativo ai rapporti tra scienza, tecnica e società. L’ossessione per la razionalizzazione del dibattito, anche dove la controversia è ancora aperta, rinforza il vecchio modello di una scienza pura da ogni interferenza dai valori e valutata unicamente su base razionale. Anche se gli appelli riaffermano l’autorità della competenza scientifica “neutra” e oggettiva, ne sottolineano allo stesso tempo il ruolo fondamentalmente politico. In contrasto, la totalità dell’opposizione pubblica è intesa in termini di deficit di conoscenza o di irrazionalità, i quali devono venire colmati o corretti per fare in modo che si sottometta all’autorità degli esperti.

    Uno dei problemi importanti del dibattito pubblico sulle teorie del complotto mi sembra essere la questione di sapere come certi fenomeni possono essere più o meno articolati con degli altri ai quali sono più o meno correlati. In questo articolo, mi accontenterò di proporvi due esempi da due ambiti sui quali lavoro attualmente: il 5G e la geoingegneria solare, al fine di mostrare che la distinzione tra preoccupazioni legittime e deliri complottisti è meno evidente di ciò che vorremmo credere.

    Una delle teorie complottiste più attive durante la primavera del 2020 collega l’implemento del 5G con la diffusione del coronavirus. In alcuni casi, è sfociata in incendi volontari di antenne telefoniche. Questi incidenti vengono spesso discussi per degradare l’insieme delle opposizioni al 5G, le quali in realtà non hanno aspettato la pandemia per farsi sentire. Mentre come obiezione vengono loro presentati dei ragionamenti fattuali sulle onde e viene dimostrata la loro assenza di tossicità, gli oppositori tentano di impostare il problema in termini molto diversi e li collegano a degli altri fenomeni. Per esempio: abbiamo veramente bisogno di questo nuovo standard tecnologico, dell’obsolescenza dei nostri nuovi dispositivi che questo induce e delle sue devastanti conseguenze ecologiche? Cosa dicono questi investimenti massivi a proposito delle nostre scelte come società? C’è ancora posto per la deliberazione dei cittadini nei confronti del potere delle lobby?

    La geoingegneria solare, la quale guadagna progressivamente terreno nella gamma delle possibili risposte al riscaldamento climatico, prevede di pompare degli aerosol contenenti dello zolfo nella stratosfera per creare un fine lembo nuvoloso in grado di riflettere una parte delle irradiazioni solari e così raffreddare il pianeta. I rischi, le poste in gioco etiche e geopolitiche sono discusse aspramente, ma la competenza in termini di conoscenza scientifica che dovrebbe guidare l’opinione pubblica rimane alquanto limitata. Parallelamente, le opposizioni cittadine alla geoingegneria solare sono collegate al movimento dei “chemtrails” (che sta per tracce chimiche, contrapposte alle tracce di condensazione -scie- lasciate nel cielo dagli aerei di linea), i quali considerano che questa tecnica sia già impiegata su larga scala, nel più grande segreto, e con conseguenze disastrose per la salute. Grazie ad un attivismo intenso, questa teoria gode di una grande visibilità per qualsiasi persona desiderosa di informarsi sulla geoingegneria solare. Ancora poco studiata, se non come teoria del complotto su internet, questa comunità si appoggia su analisi chimiche dell’acqua piovana o de terreno del giardino e su fotografie di cieli coperti da tracce di aerei. Così facendo, evidenzia problemi già consolidati di inquinamento e della crescenza esponenziale di emissioni di gas effetto serra. Ma, invece che sulla base di modelizzazioni e degli studi internazionali, ancora tali problemi a delle esperienze di vissuto personale. In tal senso, si apparenta quindi ad un sentimento di disequilibrio crescente tra rappresentanza democratica e potere delle lobby e tra autorità degli esperti e capacità di deliberazione cittadina.

     

    Strumentalizzazioni

    Le speculazioni complottiste sono invocate volentieri dai depositari della conoscenza legittima per affermare la loro autorità e scavare il divario tra razionalità (loro) e irrazionalità (i loro oppositori). Dei commentatori o personalità politiche si indignano regolarmente con la stampa a proposito degli attacchi contro le antenne telefoniche. Ricordando la crisi sanitaria e il confinamento, affermano che gli strumenti di comunicazione sono indispensabili e che dunque l’opposizione al 5G è ingiustificata. Gli oppositori al 5G, dai profili molto diversi (giovani cittadini, ingegneri in pensione o ancora avvocati), sono lontani dall’essere gli arretrati dipinti dai loro avversari e conoscono molto bene l’importanza della comunicazione digitale nella loro vita professionale, personale e militante. Ma cercano di aprire un dibattito sui bisogni legittimi e le conseguenze ambientali e sociali della corsa in avanti dell'attuale tecnologia. Le teorie del complotto sul 5G, pubblicizzate dagli articoli di stampa con accenti drammatici, permettono così agli esperti ufficiali di analizzare le obiezioni. Il presidente della Commissione internazionale della protezione contro le irradiazioni non ionizzanti (ICNIRP), la cui imparzialità è messa in discussione per le sue prossimità con l’industria telecom, dichiarava recentemente: “Sono completamente false. Così false che le teorie imputano la propagazione del coronavirus al 5G.”

    David Keith, professore di fisica applicata e di politiche pubbliche a Harvard, è a capo di uno dei principali programmi di ricerca sulla geoingengeria solare e comunica volentieri sulla paura che gli ispirano le potenziali derive dei chemtrails: “Critiques of geoengineering arise from diverse worldviews, and passions run very high. I have received two death threats that warranted calls to the police, and received many outraged comments from colleagues whom I respect. The most extreme critiques (and the death threats) have come from people who are convinced by the chemtrail conspiracy theory, which holds that the US government is deliberately spraying its citizens with toxins from aircraft.” Ciò permette a Keith di appoggiare lo sviluppo della ricerca sulla geoingegneria solare sulla necessità di appacificare i dibattiti e di dissipare le paure infondate del pubblico: “Until recently, controversy around geoengineering has largely suppressed research. Lack of research in turns sustain controversy because it allows exaggerated claims about benefits and risks to go unchallenged.” Se I militanti dei chemtrails amano dipingere David Keith come un grande sciamano della geoingegneria, quest’ultimo sa anche ricavarne alcuni benefici simbolici.

     

    Recinzioni

    A chi si rivolgono le risposte attuali alle teorie del complotto? A coloro che (potenzialmente) ci credono o a coloro che prendono la parola per denigrarle, rinforzando la loro convinzione di vivere nel giusto lato della recinzione tra razionalità e irrazionalità? Come vengono selezionati, costruiti e promossi questi criteri di separazione nel dibattito pubblico? Piuttosto che cercare a tutti costi di disqualificare i deviati del complotto, spesso con fare paternalistico e sprezzante, rimandandoli ai loro biais cognitivi, alla loro mancanza di cultura scientifica o alla paura dell’innovazione, il vigore delle teorie del complotto nei dibattiti pubblici attuali ci invita a porci una serie di domande.

    Per esempio: come sono prodotte le legittimità delle diverse forme di sapere? Mentre i razionalisti militanti si armano del rasoio di Ockham per richiamare un’austera parsimonia di spiegazioni, la situazione attuale (e quella futura di un disastro ecologico) non ci invita a esitare? A coltivare una forma di robustezza narrativa incoraggiando complesse relazioni tra scienze, tecnologie, politiche, metafisiche ed esperienze sensoriali?