Filosofia della percezione uditiva

Che cosa è la filosofia della percezione uditiva?

·

    Filosofia della percezione uditiva

    Presentare un’area di ricerca in un testo riassuntivo è sempre una sfida. Da un lato si vorrebbero fornire informazioni accurate sui dibattiti presenti nella letteratura filosofica e possibilmente fornire una visione d’insieme degli interessi esplorati in un certo settore. Dall’altro si vorrebbe essere sintetici e creare un testo coinvolgente e accattivante. In questo articolo ho pensato di accettare questa sfida cercando di condurre il lettore invitandolo a ragionare insieme a me su alcune delle domande emergenti riguardanti l’udito e su come, tramite esso, percepiamo il mondo. Adottando un approccio per problemi, spero di fornire un assaggio di cosa significhi occuparsi di filosofia della percezione uditiva incontrando alcune delle piùeminenti voci della letteratura. Chiaramente questo breve testo non ha nessuna pretesa di essere esauriente e sistematico. Il mio scopo principale qui èquello di invitare a riflettere su alcune delle domande che hanno affascinato me quando ho iniziato a lavorare in questa area e che continuano a stimolare la mia curiositàsul mondo sonoro.

    Vi siete mai chiesti cosa sentiamo quando ascoltiamo o percepiamo uditivamente? Una naturale risposta a questa domanda identifica i suoni come oggetto principale della nostra percezione. In altre parole, quando percepiamo qualcosa tramite l’udito quel qualcosa èun suono. Due domande, che esamineròa turno, sorgono spontanee a questo punto: 1) cosa èdunque un suono?, 2) siamo sicuri che tutto ciòche èpercepibile tramite l’udito sia necessariamente ed esclusivamente un suono?

    Nel chiederci cosa sia un suono, ci spostiamo dal campo della percezione a quello più propriamente metafisico. Qui vogliamo indagare che tipo di entitàsia un suono, quale sia la sua natura, il suo stato di esistenza. Vediamo dunque quali possano essere le possibili soluzioni al nostro primo quesito.

    Qualcuno potrebbe rispondere che un suono èun’onda. Chiunque abbia anche solo una superficiale idea di cosa studi l’acustica puòessere inclinato a ritenere che la soluzione fisica al dilemma riguardo la natura del suono sia una risposta accurata anche dal punto di vista filosofico. Le caratteristiche di un’onda e la conseguente possibilitàdi descriverla in modi diversi rendono peròcontroverso lo stabilire a quale tipo di natura metafisica il concetto fisico di onda corrisponda portando filosofi a immaginare e sviluppare diverse possibili teorie (cf. O’Callaghan 2007, 2010, Nudds 2009). Seguendo O’Callaghan (2010, p.254) nel suo ragionamento possiamo caratterizzare le onde come insiemi di compressioni e distensioni in grado di generare una certa sensazione nell’ascoltatore, finendo cosìper identificarle in una specifica proprietàdell’aria, ossia in una caratteristica del mezzo in cui esse si propagano. Proseguendo nell’analisi della loro natura peròlo stesso filosofo (O’Callaghan 2007, p. 25, 2010, p.253-256) puntualizza come le onde, per esempio, possiedano anche determinati limiti spaziali (fronti d’onda), viaggino nello spazio e sopravvivano ai cambiamenti. Come O’Callaghan (2010, p. 256) conclude, queste caratteristiche sembrano invitare alla trattazione dell’onda alla stregua di un certo peculiare tipo di oggetto, la cui definizione filosofica standard peròcontrasta con la natura temporalmente estesa delle onde e dei suoni. Un’oggetto, come potrebbero esserlo una tazza o un tavolo, non sembrano possedere fasi temporali come per un esempio una festa di compleanno o un evento sportivo.

    Se dunque la descrizione del suono come onda non sembra condurci univocamente ad una certa caratterizzazione metafisica, possiamo distanziarci dalla nostra iniziale risposta e indipendentemente dal fatto di ritenere un suono un’onda oppure no, possiamo considerare separatamente le caratteristiche che i suoni possiedono (o sembrano possedere nella nostra esperienza come percipienti) e le categorie metafisiche a nostra disposizione. Salvaguardando la dimensione temporalmente estesa dei suonie, contemporaneamente, generando le più estese trattazioni sulla natura del suono ad oggi presenti nella letteratura, alcuni filosofi, tra cui lo stesso O’Callaghan (2007, vedi anche Casati & Dokic 1994), hanno argomentato sostenendo l’idea che i suoni siano in effetti eventi e non oggetti o proprietà. I suoni infatti non sembrano essere entitàdella stessa natura di tazze e tavoli, completamente presenti ad un momento t. Al contrario, in modo piùsimile a feste di compleanno e partite di calcio, essi hanno fasi temporali diverse che si estendono in un certo lasso di tempo. Al contrario, sulla base di certe similarità con i colori (per una discussione più ampia si veda DiBona & Santarcangelo 2018, p.118-128),una più tradizionale posizione filosofica suggerisce invece che i suoni possano essere caratterizzati alla stregua di proprietàsecondarie degli oggetti o, come abbiano giàvisto, del mezzo entro il quale il suono viaggia per raggiungere l’ascoltatore (Locke 1690, Pasnau 1999). In altre parole, chi ritiene che i suoni siano proprietà li descrive come nient’altro che disposizioni degli oggetti del mondo (o dei mezzi come l’aria) ad avere un certo tipo di impatto sull’esperienza percettiva del percipiente quando posti in vibrazione.

    Lasciando una più dettagliata e sistematica trattazione della metafisica del suono ad un’altra occasione, possiamo ora considerare la nostra seconda domanda: quando percepiamo uditivamente qualcosa, questo qualcosa è necessariamente un suono?

    Il nostro uso del linguaggio ordinario nel parlare di esperienze uditive è ambiguo. A volte ci riferiamo all’oggetto di queste esperienze come al suono (o rumore)di una macchina che passa davanti a casa nostra. In altre circostanze semplicemente diciamo che percepiamo la macchina passare per la strada. Cosa percepiamo dunque: solamente i suoni o i suoni e le loro fonti? Concordando con una posizione berkeleyiana, possiamo sostenere che i suoni siano l’unico oggetto della nostra percezione uditiva e che le informazioni riguardanti l’ambiente che ci circonda siano da noi ricavate sulla base della percezione di questi suoni. I suoni sono dunque l’oggetto percepito e solo ulteriori inferenze prodotte sulla base della percezione iniziale ci permettono di riconoscere, individuare e caratterizzare le fonti dalle quali i suoni provenivano. Qualcuno però potrebbe obbiettare che seguendo questo approccio un certo lavoro cognitivo sembra essere all’opera, rendendo il cogliere la natura delle fonti sonore un’operazione complessa e, in qualche modo, più lunga di quanto non sembri apparire nella realtà quotidiana. In alternativa possiamo ritenere che l’udito ci permetta di percepire sia i suoni sia le loro fonti. Se seguiamo questa via dobbiamo chiarire quale sia dunque la relazione fra gli uni e le altre. O’Callaghan (2011) sostiene per esempio che i suoni siano una parte mereologica dell’evento che li causa. Quindi quando percepiamo un suono stiamo percependo una parte dell’evento di perturbazione che l’ha generato e che ne è la fonte. Ad alcuni questa posizione può sembrare più complessa del necessario. Per esempio, Casati, Dokic e DiBona (2013) identificano i suoni con gli eventi generativi, sostenendo che gli uni e gli altri sono in realtà la stessa entità, presentando in questo modo una metafisica che appare più lineare ed economica di quella del collega. In questa prospettiva quando percepiamo un suono stiamo automaticamente percependo l’evento che l’ha prodotto, essendo essi, la stessa entità. Altre posizioni altrettanto lineari sono presenti nella letteratura. Infatti se per esempio abbracciamo la visione più tradizionale in filosofia secondo cui i suoni sono proprietà degli oggetti, ci ritroviamo in una posizione conveniente per rispondere al nostro attuale quesito. All’interno di questa teoria quando percepiamo un suono stiamo in verità percependo una caratteristica dell’oggetto che l’ha prodotto, grosso modo nello stesso modo in cui in percezione visiva quando vediamo un colore stiamo percependo una delle proprietà possedute da un certo oggetto.

    Ritornando alla nostra iniziale domanda: cosa sentiamo quando ascoltiamo? Ci rendiamo conto che non tutte le esperienze uditive che abbiamo sono confinate a rumori o suoni che provengono dal nostro ambiente e dagli oggetti ordinari quali macchine, bollitori o sveglie da tavolo. Al contrario se ci soffermiamo a riflettere su come più soventemente e comunemente impieghiamo il senso dell’udito nella vita di tutti i giorni ci rendiamo conto che le possibili risposte contemplano la percezione di comunicazioni verbali – discorsi, o di canzoni e pezzi musicali. Intuitivamente siamo portati a ritenere che ci sia qualcosa di diverso nei casi di percezione di discorsi e musica, ma l’unicità di queste esperienze e le motivazioni filosofiche che condurrebbero alla necessità di una trattazione indipendente sono esse stesse tema di dibattito (cf. O’Callaghan 2021, O’Callaghan & Nudds 2009). Cosa è diverso nel caso di discorsi e musica? Sono i tipi di suoni impiegati? O è l’esperienza che ne facciamo ad essere distinta? E se l’esperienza è diversa ed unica, in che senso lo è? Prendiamo per esempio il caso della musica. Scruton (1997) sostiene che percepire un pezzo musicale comporti l’intrattenere uno speciale tipo di esperienza uditiva che egli definisce acusmatica. L’idea qui è che, al contrario dei casi di percezione ordinaria, quando percepiamo la musica lo facciamo esperendo i suoni indipendentemente dalle loro fonti. In altre parole, quando ascoltiamo una sinfonia percepiamo uditivamente una serie di suoni che intrattengono certe relazioni fra l’uno e l’altro senza percepire gli oggetti che li hanno prodotti. Se interrogati al riguardo, i musicisti sono generalmente riluttanti nell’appoggiare questa teoria ritenendo alcuni aspetti musicali essenzialmente legati ai metodi, alle circostanze e agli oggetti coinvolti nella loro produzione. Scruton però sostiene che la percezione acusmatica è il tipo di esperienza che permette di cogliere i suoni nel loro valore metaforico, indispensabile per un genuino apprezzamento musicale. Una posizione più conciliante sviluppata da Hamilton (2009) argomenta invece che entrambi i tipi di esperienza siano possibili nel contesto musicale. Hamilton infatti sostiene che sia possibile percepire un pezzo musicale sia in termini acusmatici sia in termini ordinari dove anche le fonti sonore hanno un ruolo. La questione rimane comunque aperta: l’esperienza acusmatica è essenziale per la percezione musicale? E l’unicità del caso musicale può essere spiegata esaustivamente da questa teoria?

    Bibliografia

    Berkeley, G., Tre dialoghi tra Hylas e Philonous,La Scaligera Casa Editrice, Verona, 1942.

    Casati, R., Dokic, J., La Philosophie du Son, Editions Jacqueline Chambon, Nîmes, 1994.

    Casati, R., Di Bona, E., Dokic, J., ‘The Ockhamization of the event sources of sound’, in Analysis, vol. 73, number 3, 2013, p. 462-466.

    Di Bona, E., Santarcangelo, V., Il Suono. L’esperienza Uditiva e I Suoi Sggetti, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2018.

    Locke, J., Saggio Sull’Intelletto Umano,a cura di M. & N. Abbagnano, UTET, Torino, 1971

    Hamilton, A., “The Sound of Music”, in Sounds and Perception. New Philosophical Essays, edt. Nudds, M., & O’Callaghan, C., Oxford University Press, Oxford, 2009.

    Nudds, M., “Sound and Space”,in Sounds and Perception. New Philosophical Essays, edt. Nudds, M., & O’Callaghan, C., Oxford University Press, Oxford, 2009.

    O'Callaghan, C., Sounds. A Philosophical Theory, Oxford University Press, Oxford, 2007.

    O’Callaghan, C., & Nudds, M., “Introduction: The Philosophy of Sounds and Auditory Perception”, in Sounds and Perception. New Philosophical Essays., edt. Nudds, M., & O’Callaghan, C., Oxford University Press, Oxford, 2009.

    O'Callaghan, C., “Constructing a theory of sounds”, in Zimmerman, D., Oxford studies in metaphysics, Volume 5, Oxford University Press, Oxford, 2010 (section: The metaphysics of sounds) cap.11.

    O'Callaghan, C., ‘XIII-Hearing properties, effects or parts?’, (Meeting of the Aristotelian Society held at Senate House, University of London, on 23 May 2011), Proceeding of the Aristotelian Society, 111; pag 375-405.

    O’Callaghan, Casey, "Auditory Perception", The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Fall 2021 Edition), Edward N. Zalta (ed.), URL = https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/perception-auditory/

    Pasnau, R., “What is sound?”, in The Philosophical Quarterly, 49 (196) 1999, p. 309-324.

    Scruton, R., The Aesthetics of Music, Oxford University Press, New York, 1997.

    Suggerimenti di lettura:

    Per una introduzione alla percezione uditiva in lingua Italiana - che possiede, fra gli altri, il merito di presentare spunti di riflessioni provenienti da altre discipline quali psicologia e neuroscienza - si veda:

    Di Bona, E., Santarcangelo, V., Il suono. L’esperienza uditiva e i suoi oggetti, Raffaello Cortina Editore, Milano 2018

    Introduzioni alla percezione uditiva in lingua inglese:

    O’Callaghan, Casey, "Auditory Perception", The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Fall 2021 Edition), Edward N. Zalta (ed.), URL = https://plato.stanford.edu/archives/fall2021/entries/perception-auditory/

    O’Callaghan, C., & Nudds, M., “Introduction: The Philosophy of Sounds and Auditory Perception”, in Sounds and Perception. New Philosophical Essays., edt. Nudds, M., & O’Callaghan, C., Oxford University Press, Oxford, 2009.

    Introduzione alla metafisica del suono in lingua inglese:

    Casati, Roberto, Jerome Dokic, and Elvira Di Bona, "Sounds", The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Winter 2020 Edition), Edward N. Zalta (ed.), URL = https://plato.stanford.edu/archives/win2020/entries/sounds/